Estate a Berlino. Equivoci al caldo

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Estate a Berlino. L’afa ha oltrepassato il muro invisibile del “voi sì che state freschi”. In verità, sono finite le estati berlinesi con gli stivali e la giacca, è caduto l’ultimo taboo, l’ultima diceria; un tempo si acquistavano i sandali, le ciabatte, da riporre in valigia per un viaggio nei Mari del sud. Medito sull’evento storico dalla riva di un canale fatiscente nel mio quartiere di Neukölln, infestato da zanzare e puzza di urina. Dietro di me sfrecciano biciclette, vagabondi in cerca perenne di monete e bottiglie vuote. Pena, tristezza e noia: una città in crisi economica che può offrire ormai solo il fantasma del brand di sé stessa. Un tale si avvicina per fare conversazione, ha una busta di plastica con un contenuto tintinnante; perciò, lo inserisco nella categoria della tratta di bottiglie. “Non sto cercando bottiglie”, mi risponde offeso, “mi hai preso per un morto di fame?”. Gli chiedo scusa, “lascia perdere”, e se ne va. Resto sola con le zanzare letali, stufa di grattarmi le caviglie me ne vado anche io. Ci sono molti equivoci a Berlino, in estate, oltre ai disperati scambiati per vagabondi. La mia teoria scientifica è che in un luogo non avvezzo, il tepore prolungato conduce il cervello umano a sganciarsi dal corpo e andare a zonzo per conto proprio. Mentre sono seduta, una sera, fuori da un bar, con un’amica italoamericana, una secchiata interrompe il nostro ciarlare. “And by the way”, urla la mia amica al balcone, “you missed the plants”. Pare defilarsi già un bisticcio da “Fa La Cosa Giusta” quando una ragazza apre il portone e si scusa: ha un problema ortopedico al braccio amplificato dall’alcool, una bizzarra spiegazione ma credibile. Per convincerci offre delle caramelle gommose al gusto frutta. Giuro. Il conflitto multiculturale è scongiurato, continuano le ciarle, io vorrei parlare solo della mia gita, la Wanderung, a Strausberg Stadt, al lago, stranamente silenzioso grazie alla partenza per le vacanze. Bosco e acqua limpida, quasi un altro mondo, nel Brandeburgo, ma niente, lei vuole parlare solo di appuntamenti para amorosi andati a male, come le melanzane quando rimangono a lungo nel frigorifero. La mia amica si agita, si infuria, a me invece non frega davvero un cazzo di questi patemi, ho la mia ricetta, silenziosa e sbrigativa: vi verrò a cercare quando sarete a un passo dalla morte e non potrete dirmi di no, firmato: la fia de Sam. Semplice, diretto, senza equivoci.

Pubblicato per la rubrica Moscow Mule @Alias- Il Manifesto 

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