Salonicco, detta Tess

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Ho pensato di chiamare Salonicco, Thessaloníki, semplicemente Tess, come la poesia di Carver. Una dichiarazione d’amore, a tutti gli effetti. Un grande villaggio di 300000 abitanti, circa, sul mare ma con la spiaggia distante, raccolta, raramente dispersiva, per certo caotica e invasa da gatti randagi allevati dall’intera comunità.

Oggi è una settimana che sono con Tess, viviamo insieme, di fatto. Dopo anni, torno in Grecia: l’ultima volta ero al liceo e studiavo i filosofi, facevo le versioni, leggevo le tragedie. Ora, sono distante da Atene, dalla caotica metropoli e scelgo la “campagna”, la relativa quiete. Nonostante sia settembre, l’estate è imperterrita: aria calda e umida tutto il giorno e la notte, almeno fino a metà mese. Ho preso un monolocale ad Ano Poli, la parte alta e storica della città, un quartiere con una propria forma e identità: si scende e si risale con fatica, e quando si sta a contatto con il centro cittadino, l’aria fuligginosa balcanica si impasta con l’afa. I gatti randagi sono ovunque, satolli o anoressici, dal pelo malandato o sorprendentemente lucido, litigiosi o dormienti. I greci lasciano ciotole di croccantini sui marciapiedi; di chi è sto gatto? Chiedo a un ragazzo di un caffè, alza le spalle, di tutti ma è un bravo micio, come se parlasse di un cugino un po’ delinquente. Ho iniziato a parlare il greco antico, quello che ricordo, mentre mi guardano come fossi matta, chiamando il fegato arrosto con le cipolle, hepatos, come fossimo in un reparto di medicina interna. Oltre all’aspetto fuligginoso, il centro ha macchie archeologiche, qua e là, resti, archi, chiese, reperti, ovvio, siamo in Grecia penso, e il lungomare non ha argini, staccionate, barriere, potresti andare dritto e buttarti in acqua, come se fosse tutto un unico corpo: le facciate balcaniche, i resti archeologici, e l’acqua di mare con le navi sullo sfondo e la spiaggia alla tua sinistra, la Torre Bianca alla tue spalle e tutto l’amore della gente attorno. Qui il mio cuore indurito teutonico d’adozione si scioglie: il calore umano di Tess, a cui non importa se io abbia soldi oppure no, perché per Tess io non sono un bancomat con le infradito, non deve conquistare la mia compiacenza facendo il selvaggio sfortunato piacione.

Quando finalmente riesco a vedere la spiaggia cittadina, dopo aver goduto appieno della Penisola Calcidica in un viaggio on the road, assieme a una coppia di amici indiani trasferitasi in città, resto un po’ delusa: non è una vera larga spiaggia, ma un corridoio con la sabbia, e una sfilza di ristoranti, cocktail bar, piccoli negozi di attrezzi marini e un paio di moli grezzi da dove arriva e parte il traghetto per la città o per la successiva spiaggia. In fondo, chi ha detto che il mare debba essere spiaggiabile? Tess è così, delle definizioni non gliene frega niente, manco delle regole…Mi appisolo sotto un albero sulla sabbia, spazio che condivido con un cane randagio, vecchio e stanco. Sul traghetto una mandria di gabbiani urlanti ci scorta o ci insulta, la loro forma in volo è perfetta, con le zampette posteriori allineate come le ginnaste. Attraverso il cane e i gabbiani, penso ai miei rapporti con gli umani, ora che mi lascio andare agli incontri spontanei, senza dating app spazzatura, nella gradualità della comunicazione, nella seduzione distillata e la curiosità adolescenziale della prossima volta, un concetto di universi paralleli, un taboo intoccabile: delle prossime volte non si parla, non si pensa, nemmeno con i gesti.

Come trascorro le mie giornate, in questo mese di settembre 2024, qui con Tess? Lavoro, vado al mare, faccio gite nei dintorni, seguo le strade che non conosco, faccio la spesa con i locali, la città ha una dimensione compatta, seppur infernale nel traffico, le mattonelle divelte, le cacche dei gatti. Tess è una ragazza educata, a volte sboccata, non timida ma semplice, si entusiasma della sua stessa curiosità, generosa, accogliente, distratta, sorniona ma non pigra, dolce ma non stucchevole. Quando sarò via, mi ricorderò di Tess, vista da un angolo di Ano Poli, dalla mia finestra, alle prime ore del mattino, sveglia da ore per un materasso infame con le molle, fuori il silenzio, dopo i balli della notte prima alla taverna, escono come zombie i turisti che salgono verso la fortezza o si aggirano anche loro come i gatti in cerca di qualche tesoro nascosto.

 

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